Stilisti e Coronavirus: l’alta moda produrrà mascherine e camici

Mettiamo in chiaro le cose: le parole #stilisti e #Coronavirus cozzano se accostate. 

Vuoi la grave situazione che stiamo vivendo, vuoi che i comuni mortali indossano una tuta da 15 giorni – anche se noi qualche consiglio sull’outfit giusto ai tempi della quarantena ve l’abbiamo dato – è difficile immaginare ora quell’universo scintillante fatto di lustri e paillettes che abbiamo visto alla settimana della moda a Milano.

Il colpo di grazia è arrivato proprio un mese fa, in piena fashion week nella capitale del luxury e da allora i brand più blasonati hanno iniziato a tremare.

Giù le saracinesche della maggiori catene, chiusura delle passerelle, eventi annullati.

Un boccone amaro da digerire per l’industria dell’abbigliamento che ha dovuto necessariamente fermarsi convertendo la produzione. Via libera, dunque, a #mascherine e #camici per medici e infermieri “arruolati” nella lotta al Covid-19.

IL SETTORE DELLA MODA VALE L’1,2% DEL PIL ITALIANO, NON ABBIAMO EGUALI NEL MONDO

Tante le maison nel mondo che hanno deciso di impegnarsi per sconfiggere l’epidemia e, in tal senso, l’Italia ha aperto le danze in virtù di un comparto produttivo che non ha termini di paragone.

Gucci, Valentino, Prada, Fendi, Ferragamo, sono alcuni dei nomi italiani che hanno chiesto alle proprie sarte di iniziare a produrre l’occorrente sanitario. E se da una parte #Valentino, ad esempio, ha donato 2 milioni di euro per sostenere la #ProtezioneCivile e il reparto di #TerapiaIntensiva dell’Ospedale Sacco di Milano; dall’altra #Gucci ha versato la stessa cifra per realtà sanitarie situate in Lombardia, Veneto, Toscana e Lazio oltre al contributo personale di Marco Bizzarri, Presidente e CEO dell’azienda fiorentina che ha donato 100mila euro.

E c’è chi, come LVMH, ha trasformato i propri laboratori di cosmesi iniziando a produrre gel igienizzante per le mani.

La stessa risposta solidale arriva anche dal mondo del fast fashion che si è detto pronto a cucire mascherine e tutto quello che servirà per affrontare la pandemia.

Insomma, il futuro del prêt-à-porter è incerto.

Forse inizieremo a guardare le sfilate in streaming e magari ci sarà una svolta sostenibile dei brand, vedi ad esempio #Dior, che ha già deciso di ripiantare alcuni alberi usati per uno show.

Quello che ci auguriamo, però, è un ritorno alla normalità almeno per la prossima stagione, affinché le industrie non producano più camici, ma #camicie sgargianti e floreali: simbolo di rinascita e di un’estate da vivere (si spera) in assoluta libertà.

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